Troco:
Bella roba.
Emiliano:
Ma dai, certo che è bello. E’ una bella tradizione, non essere
sempre polemico.
Troco:
Ma come si fa? Pensa solamente a quella cosa fatta col muschio e le
statuine...
Emiliano:
Il presepe?
Troco:
Esatto. Qui ti volevo.
Emiliano:
Al presepe?
Troco:
O presepio?
Emiliano:
E’ uguale. Si può dire in entrambi i modi.
Troco:
E proprio qui ti volevo.
Troco:
Non sono sinonimi, sono derive nominali, derive culturali.
Emiliano:
Nel senso che uno deriva dall'altro?
Troco:
Esatto. L'evoluzione della parola è lasciata sempre più a sé
stessa. L'italiano poi, una lingua che fu come una madre per la
cultura in passato, ora soccombe agli slang anglosassoni. Ma pensa
solo a tutti i poeti.
Emiliano:
Ma non vorrai mica dire che i poeti italiani erano migliori di quelli
inglesi?
Troco:
No. Sei tu che lo dici. E’ l'inglese stesso (quello usato) che ha
perso qualcosa dalla sua storia. Diciamo
che il problema è che oggi l'intellettuale non è anche un
letterato. Uno scrive un libro con altissimi contenuti scientifici,
ad esempio, ma sbaglia le parole, scrive male. Nessuno lo controlla.
Né in italiano né in inglese. Non c'è più attenzione alla forma,
solo alla sostanza.
Emiliano:
E meno male! Tutta questa forma inutile che parlava solo di sé stessa. Pensa al 1800, in Inghilterra nacque il romanzo storico con
Walter Scott e noi in Italia ancora a parlare di poesiole e di
belloscrivere. Ma dai. Manzoni è contemporaneo di Herman Melville,
di....
Troco:
Sbagli. La forma è strettamente legata alla sostanza. E’ una
questione di categorie.
Emiliano:
Ancora? Ma sai che sei pesante?
Troco: Anche la medicina è amara e va presa due volte al giorno.
Troco: Anche la medicina è amara e va presa due volte al giorno.
Emiliano:
Prima o dopo i pasti?
Troco:
Torniamo al presepio. Io ho la netta sensazione che un tempo si
diceva presepio. Poi qualcuno ha cominciato a dire presepe per un
motivo ignoto. Non ci fu selezione (culturale anzichè naturale,
essendo che si parla di memi e non di geni) e la nuova mutazione
apparì come neutra. Neutra fino ad un certo punto. Qualcuno, alcuni,
una buona fetta, iniziò subito a pensare che la nuova parola meglio
si adattava alla società a lui contemporanea. Forse in quel periodo
c'era bisogno di novità, forse si voleva rompere col passato, forse
la parola presepio appariva grezza per una sorta di moda letteraria
superficiale. Fatto sta che la deriva nominale portò all'epoca
attuale in cui senza chiedersi perché tutti diciamo presepe, e quasi
nessuno presepio, senza nessuna decisione intellettuale. Di per sé non è mica negativo, però se ci pensi bene, significa che abbiamo
dato il linguaggio in pasto alla massa, e non agli addetti, a coloro
che dedicano una vita ad esso. Questo è il vero problema. E’ tutta
la società alla deriva in realtà.
Emiliano:
E non è meglio che finalmente chiunque possa esprimere la sua
opinione? Basta con queste cricche di specialisti, diamine!
Troco:
Basta? Tu ti faresti curare la milza da una persona che di
professione fa l'astronauta? O chiameresti un banchiere a dirigere
un'orchestra? Vorresti uno spazzacamino in kilt?
Emiliano:
Ma cosa c'entra? Dai, non ti sembra di esagerare?
Troco:
No. Questi sono argomenti futili e ci ridiamo sopra. Però riflettono
lo stato delle cose. Da qualche anno tutti usano la seguente
locuzione: piuttosto che. E la applicano a sproposito. Oggi voglio
andare a cogliere fiori: margherite piuttosto che viole piuttosto che
campanelle. Sbagliato! Questa
è una frase corretta: piuttosto che parlare con te, mi taglio le
vene. Così si usa il piuttosto che. Da alcuni anni, l'intera
popolazione italiana ha del tutto rimosso l'uso corretto della
locuzione e anziché usarlo per contrapposizione (tipo un aut) lo usa
per analogia (tipo un vel). La deriva è stata silenziosa, nessuno ha
vegliato su di essa. Per non parlare poi del famigerato uso del
“facessero”. Queste cose fanno paura.
Emiliano:
Ma dai, per una parolina?
Troco:
No, è il sintomo. Il sintomo di una società labile, superficiale,
ignorante. Se lo si fosse fatto apposta con l'idea di rovinare il
lessico lo avrei preferito. Quello che mi spaventa è la noncuranza,
non l'intenzionalità. Preferisco mille volte il danno fatto dal
cattivo che il danno fatto dall'ignorante. Il primo infatti si deve
impegnare, e si potrebbe stancare, il secondo lo fa senza fatica, e
non si sente nemmeno in colpa. Terribile.
Emiliano:
Forse hai bisogno di una camomillina...
Troco:
Si bravo, metti su l'acqua.
Emiliano:
Ma acqua con la ci-qu?
Troco:
C'è poco da scherzare! –Gattamelata-
Emiliano:
Cosa?
Troco:
Gattamelata. E’ il nome di un grande condottiero italiano del ‘400.
Emiliano:
Sì lo so, e allora?
Troco:
Vedi, la storia dei nomi, italiana in questo caso, è densa di
pathos. Eppure se io dico Gattamelata oggi tutti pensiamo che sia un
nome buffo, per bambini magari. E invece è un nome che un tempo era
pomposo e cavalleresco. Oggi fa ridere. Eppure a ben pensarci anche
Shakespeare fa ridere, significa squotilancia, il corrispettivo è
buffo ugualmente. Ma siccome la nostra esterofilia avanza al galoppo,
a noi suona bene. Questo sta a sottintendere un rifiuto per la nostra
stessa cultura, per la nostra storia, diciamo tsunami e ci
immaginiamo una catastrofe planetaria, diciamo maremoto e immaginiamo
una piccola spiaggia italiana frequentata da pochi pensionati. Le due
parole indicano in realtà lo stesso fenomeno. E’ di nuovo un
sintomo grave, un odio per la nostra cultura. E anziché riscoprirla
e cercare di valorizzarla per ricordare i tempi in cui eravamo il
centro del mondo (ci farebbe bene sia economicamente che
spiritualmente) la denigriamo sempre di più. Ma non lo facciamo
apposta, non siamo mica masochisti. Lo facciamo per ignoranza , per
deriva culturale.
Emiliano:
Ma non credi che ormai in un mondo globalizzato soffermarsi a parlare
di piccole realtà come quella italiana sia superfluo? Pensi che il
mondo stia ad aspettare noi? Per me sei un po’ ingenuo…
Troco:
Non capisci proprio niente. Non vedi che è un pretesto? È chiaro
no? È un pretesto per discutere su alcuni fenomeni sociali…
Emiliano:
Quanto zucchero vuoi?
Troco:
Due grazie. Capisci? A te sembrano argomenti inutili, leggeri, ma è
dai particolari che si notano i cambiamenti profondi (tanto per
citare qualcuno). Ma dai, quanto zucchero hai messo qua?
Emiliano:
Due, mi hai detto tu!
Troco:
Ma io pensavo cucchiaini piccoli, non la bevo sta roba.
Emiliano:
E fai a meno.
Troco:
Emiliano:
E poi anche tu usi continuamente lo slang. Ti contraddici.
Troco:
Sono costretto, per farmi capire.
Emiliano:
Emiliano:
Troco:
Ti ho detto che non la bevo.
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