domenica 23 dicembre 2012

Mialogo n. 2 (deriva nominale)

Emiliano: Ci stiamo avvicinando al Natale.
Troco: Bella roba.
Emiliano: Ma dai, certo che è bello. E’ una bella tradizione, non essere sempre polemico.
Troco: Ma come si fa? Pensa solamente a quella cosa fatta col muschio e le statuine...
Emiliano: Il presepe?
Troco: Esatto. Qui ti volevo.
Emiliano: Al presepe?
Troco: O presepio?
Emiliano: E’ uguale. Si può dire in entrambi i modi.
Troco: E proprio qui ti volevo.
Emiliano: Sui sinonimi?
Troco: Non sono sinonimi, sono derive nominali, derive culturali.
Emiliano: Nel senso che uno deriva dall'altro?
Troco: Esatto. L'evoluzione della parola è lasciata sempre più a sé stessa. L'italiano poi, una lingua che fu come una madre per la cultura in passato, ora soccombe agli slang anglosassoni. Ma pensa solo a tutti i poeti.
Emiliano: Ma non vorrai mica dire che i poeti italiani erano migliori di quelli inglesi?
Troco: No. Sei tu che lo dici. E’ l'inglese stesso (quello usato) che ha perso qualcosa dalla sua storia. Diciamo che il problema è che oggi l'intellettuale non è anche un letterato. Uno scrive un libro con altissimi contenuti scientifici, ad esempio, ma sbaglia le parole, scrive male. Nessuno lo controlla. Né in italiano né in inglese. Non c'è più attenzione alla forma, solo alla sostanza.
Emiliano: E meno male! Tutta questa forma inutile che parlava solo di sé  stessa. Pensa al 1800, in Inghilterra nacque il romanzo storico con Walter Scott e noi in Italia ancora a parlare di poesiole e di belloscrivere. Ma dai. Manzoni è contemporaneo di Herman Melville, di....
Troco: Sbagli. La forma è strettamente legata alla sostanza. E’ una questione di categorie.
Emiliano: Ancora? Ma sai che sei pesante?
Troco: Anche la medicina è amara e va presa due volte al giorno.
Emiliano: Prima o dopo i pasti?
Troco: Torniamo al presepio. Io ho la netta sensazione che un tempo si diceva presepio. Poi qualcuno ha cominciato a dire presepe per un motivo ignoto. Non ci fu selezione (culturale anzichè naturale, essendo che si parla di memi e non di geni) e la nuova mutazione apparì come neutra. Neutra fino ad un certo punto. Qualcuno, alcuni, una buona fetta, iniziò subito a pensare che la nuova parola meglio si adattava alla società a lui contemporanea. Forse in quel periodo c'era bisogno di novità, forse si voleva rompere col passato, forse la parola presepio appariva grezza per una sorta di moda letteraria superficiale. Fatto sta che la deriva nominale portò all'epoca attuale in cui senza chiedersi perché tutti diciamo presepe, e quasi nessuno presepio, senza nessuna decisione intellettuale. Di per sé non è mica negativo, però se ci pensi bene, significa che abbiamo dato il linguaggio in pasto alla massa, e non agli addetti, a coloro che dedicano una vita ad esso. Questo è il vero problema. E’ tutta la società alla deriva in realtà.
Emiliano: E non è meglio che finalmente chiunque possa esprimere la sua opinione? Basta con queste cricche di specialisti, diamine!
Troco: Basta? Tu ti faresti curare la milza da una persona che di professione fa l'astronauta? O chiameresti un banchiere a dirigere un'orchestra? Vorresti uno spazzacamino in kilt?
Emiliano: Ma cosa c'entra? Dai, non ti sembra di esagerare?
Troco: No. Questi sono argomenti futili e ci ridiamo sopra. Però riflettono lo stato delle cose. Da qualche anno tutti usano la seguente locuzione: piuttosto che. E la applicano a sproposito. Oggi voglio andare a cogliere fiori: margherite piuttosto che viole piuttosto che campanelle. Sbagliato! Questa è una frase corretta: piuttosto che parlare con te, mi taglio le vene. Così si usa il piuttosto che. Da alcuni anni, l'intera popolazione italiana ha del tutto rimosso l'uso corretto della locuzione e anziché usarlo per contrapposizione (tipo un aut) lo usa per analogia (tipo un vel). La deriva è stata silenziosa, nessuno ha vegliato su di essa. Per non parlare poi del famigerato uso del “facessero”. Queste cose fanno paura.
Emiliano: Ma dai, per una parolina?
Troco: No, è il sintomo. Il sintomo di una società labile, superficiale, ignorante. Se lo si fosse fatto apposta con l'idea di rovinare il lessico lo avrei preferito. Quello che mi spaventa è la noncuranza, non l'intenzionalità. Preferisco mille volte il danno fatto dal cattivo che il danno fatto dall'ignorante. Il primo infatti si deve impegnare, e si potrebbe stancare, il secondo lo fa senza fatica, e non si sente nemmeno in colpa. Terribile.
Emiliano: Forse hai bisogno di una camomillina...
Troco: Si bravo, metti su l'acqua.
Emiliano: Ma acqua con la ci-qu?
Troco: C'è poco da scherzare! –Gattamelata-
Emiliano: Cosa?
Troco: Gattamelata. E’ il nome di un grande condottiero italiano del ‘400.
Emiliano: Sì lo so, e allora?
Troco: Vedi, la storia dei nomi, italiana in questo caso, è densa di pathos. Eppure se io dico Gattamelata oggi tutti pensiamo che sia un nome buffo, per bambini magari. E invece è un nome che un tempo era pomposo e cavalleresco. Oggi fa ridere. Eppure a ben pensarci anche Shakespeare fa ridere, significa squotilancia, il corrispettivo è buffo ugualmente. Ma siccome la nostra esterofilia avanza al galoppo, a noi suona bene. Questo sta a sottintendere un rifiuto per la nostra stessa cultura, per la nostra storia, diciamo tsunami e ci immaginiamo una catastrofe planetaria, diciamo maremoto e immaginiamo una piccola spiaggia italiana frequentata da pochi pensionati. Le due parole indicano in realtà lo stesso fenomeno. E’ di nuovo un sintomo grave, un odio per la nostra cultura. E anziché riscoprirla e cercare di valorizzarla per ricordare i tempi in cui eravamo il centro del mondo (ci farebbe bene sia economicamente che spiritualmente) la denigriamo sempre di più. Ma non lo facciamo apposta, non siamo mica masochisti. Lo facciamo per ignoranza , per deriva culturale.
Emiliano: Ma non credi che ormai in un mondo globalizzato soffermarsi a parlare di piccole realtà come quella italiana sia superfluo? Pensi che il mondo stia ad aspettare noi? Per me sei un po’ ingenuo…
Troco: Non capisci proprio niente. Non vedi che è un pretesto? È chiaro no? È un pretesto per discutere su alcuni fenomeni sociali…
Emiliano: Quanto zucchero vuoi?
Troco: Due grazie. Capisci? A te sembrano argomenti inutili, leggeri, ma è dai particolari che si notano i cambiamenti profondi (tanto per citare qualcuno). Ma dai, quanto zucchero hai messo qua?
Emiliano: Due, mi hai detto tu!
Troco: Ma io pensavo cucchiaini piccoli, non la bevo sta roba.
Emiliano: E fai a meno.
Troco:
Emiliano: E poi anche tu usi continuamente lo slang. Ti contraddici.
Troco: Sono costretto, per farmi capire.
Emiliano:
Troco:
Emiliano:
Troco: Ti ho detto che non la bevo.

Nessun commento: