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Le ricerche compiute intorno alle bizzarrie paleontologiche di Burgess, specie antiche di 500 milioni di anni, nascondono un'intricata rete di vicende scientifiche e umane. Una storia lunga un secolo, ripercorsa magistralmente tra le pagine di "La Vita Meravigliosa" (1989), attraverso le riflessioni del celebre Stephen Jay Gould. Una lettura essenziale, per ogni "curioso" o "esperto": specie fossili allucinanti, una storia meravigliosa, un autore illustre. Gould è morto il 20 maggio del 2002, dieci anni fa esatti.
Sugli scaffali delle librerie, saggi paleo-tematici di questo stampo, capaci di fondere così sapientemente dato scientifico e linguaggio divulgativo, continuano ad essere una rarità. Questo libro è particolarmente significativo per chi si occupa di illustrazione paleontologica; Gould riconosce all'illustratore scientifico una sua dignità autonoma, e vede nel repertorio iconografico un potente strumento di comprensione (o incomprensione, come nel caso della "Marcia del Progresso", trattata nel saggio) ed espressione.
La "Marcia del Progresso" è una delle immagini più popolari della società contemporanea, la rappresentazione "scolastica" dell'evoluzione. Come notato da Gould, essa offre una visione rassicurante (antropocentrica) e distorta (unidirezionale e finalistica) del processo evolutivo (per approfondimenti). Semplice da comprendere, semplice da distruggere, o forse no: "I mie libri sono dedicati a distruggere quest'immagine dell'evoluzione, ma io non ho il controllo sulle copertine delle loro traduzioni. La "marcia del progresso umano" è stata usata come illustrazione di copertina per ben quattro edizioni straniere di miei libri." - Vignetta di Tony Auth (temo che Gould non saltellerebbe nel vederla) |
"Un mutamento complesso nelle idee ha dunque trovato riscontro in mutamenti nelle immagini. L'iconografia è una chiave piuttosto trascurata per la comprensione del mutare delle opinioni, per la storia e il significato della vita in generale, e per la fauna fossile di Burgess in taluni particolari forti. (...) Le parole sono il nostro mezzo preferito per procurarci l'assenso; nulla ispira l'ortodossia e una concorde unanimità d'azione così bene come una massima ben costruita. Ma la nostra recente invenzione linguistica non può seppellire totalmente un'eredità anteriore. I primati sono animali visivi per eccellenza, e l'iconografia della persuasione tocca nel nostro essere corde ancora più profonde che le parole. (...) Gli scienziati hanno perso per strada questa consapevolezza. Certo, noi usiamo illustrazioni più della maggior parte degli altri studiosi, eccezion fatta per gli storici dell'arte. (...) Ma noi vediamo nelle immagini solo illustrazioni, in funzione subordinata, di ciò che sosteniamo con parole. (...) Le immagini, come specchi esatti della natura, tendono ad essere considerate altrettanto oggettive dei fatti. Io posso capire un tale atteggiamento verso fotografie di oggettti, benchè le opportunità di sottili manipolazioni siano senza fine anche in tal caso. Ma molte delle nostre immagini sono incarnazioni di concetti mascherate come descrizioni neutre della natura. Queste sono le fonte più efficaci del conformismo, poichè le idee che ci vengono trasmesse sotto forma di descrizioni ci conducono a mettere sullo stesso piano il provvisorio con ciò che è inequivocabilmente fattuale. (...) Congetture e supposizioni diventano cose." (Stephen J. Gould, "La Vita Meravigliosa", 1989)
Charles Knight, 1942 |
Charles Knight, 1940 |
Gamberi Anomali e inversioni di rotta
Se, ad esempio, si scegliesse di analizzare la tavola (con soggetto la fauna di Burgess) realizzata dal celebre Charles Knight, nel 1942, noteremmo, in forte contrasto con la moderna iconografia, una visione del tutto pacifica dell'origine degli animali. Le specie cambriane venivano ricondotte, un po' forzatamente, a gruppi già ampiamente conosciuti, come concepito dallo scopritore di Burgess, Charles Walcott. Ciò portò a interpretazioni che, oggi, risultano erronee. Le meduse e gli pseudo-gamberi, visibili nella tavola di Knight, sono basati su fossili rivelatisi parte dell'apparato "boccale" di quello che doveva essere un temibile predatore, Anomalocaris. Questo genere dinocaride non ha nulla in comune con i gamberi, se non nell'etimologia del nome, marchio indelebile di visioni obsolete. Una forma tanto bizzarra da rendere banali le più deliranti fantasie Sci-Fi. Anomalocaris incarna la nuova visione della fauna di Burgess, più "violenta" (prede e predatori lottano per la sopravvivenza) e più "strana", più imprevedibile. A riscoprire Burgess (durante gli anni '70 e '80), tre britannici in testa: Harry Whittington e i suoi "allievi", Simon Conway Morris e Derek Briggs. Il resto lascio che ve lo introduca Gould...
Cosa vedi? Non è un "Test di Rorschach". |
Hallucigenia sparsa Conway Morris, 1977 - illustrazione di Marianne Collins (da La Vita Meravigliosa", 1989) |
Marianne Collins, 2012 - Siphusauctum gregarium, O'Brien & Caron, 2012 |
Organismi virtuali
Siamo animali molto visivi, ma non tutti sviluppiamo le stesse capacità di visualizzazione. Ad esempio, come ricorda Gould, non tutti abbiamo la medesima abilità nel ricostruire i puzzle; creare una totalità credibile, a partire da pezzi sparsi. Ovviamente, anche "leggere" nelle rocce non è un compito semplice, non trattandosi di veggenza chiromantica. I cervelli non sono infallibili.
"La ricostruzione di un organismo di Burgess è una descrizione tutt'altro che "semplice" o "mera". (...) Quest'attività richiede un'intelligenza visiva, o spaziale, di un tipo insolito e particolare. Io riesco a capire in che modo proceda questo lavoro, ma non sarei mai in grado di farlo personalmente, e perciò devo limitarmi a scrivere sulla fauna di Burgess. La capacità di ricostruire una forma tridimensionale da resti appiattiti e deformati da grandi pressioni, di ricavare da una ventina di esemplari in orientamenti diversi un'immagine complessiva di un singolo organismo, di combinare pezzi contenuti in parti e controparti in un tutto funzionale, è un'abilità rara e preziosa. Perchè sminuiamo queste capacità integrative e qualitative, mentre esaltiamo doti analitiche e quantitative?" (Stephen J. Gould, "La Vita Meravigliosa", 1989)
Sidneyia inexpectans - FONTE: "Visualizing Scientific Inference" (2009) |
Nel dicembre 2011, è stato inaugurato un sito web degno della "vita meravigliosa", "The Burgess Shale", ricco di informazioni (es. History, Science), foto (es.The Fossil Gallery) e video (es. Field World and Collections e Virtual Sea Odissey). Seguendo un processo di ricreazione a più livelli, si giunge dall'astrazione concettuale all'animazione tridimensionale. (Video: Re-creations, Drawing Specimens, Photographing Fossils, Preparing Fossils)
Phlesch Bubble - Paleo-acquario 3d presso il Field Museum Chicago
La computer grafica 3D ha un potenziale incredibile, e gli illustratori paleontologici dovrebbero saperlo bene, considerato il loro oggetto di studio. Mi riferisco all'importanza delle possibilità (paleonto)creative inespresse, non all'evidente "esplosione cambriana" delle creature digitali, seguita a "Jurassic Park" etc. Tornerò presto su questo argomento, perchè merita un'attenta analisi; inoltre, vi è connesso un importante progetto personale, in cui sono coinvolti anche un paleontologo ed alcuni illustratori.
Un antecedente di "The Burgess Shale" può essere individuato agli albori della multimedialità digitale: l'ambiziosa enciclopedia cd-rom "L’Océan des Origines" (1996), edito dalla francese Microfolie’s (per approfondimenti: "Prima dei nativi digitali: tempestiva nascita e prematura scomparsa della cultura interattiva"). Include ricostruzioni paleo-ambientali 3d (create tramite 3D Studio Max), dall'atmosfera documentaristica; precede di due anni i celebri "mockumentary" BBC ("Walking With"). Ma non è nulla di simile ad un documentario naturalistico. Si presenta come un intero mondo da esplorare, un museo degli abissi, spaziali e temporali. E l'antica Burgess è meta obbligatoria.
"Anziché un manuale da sfogliare, abbiamo davanti uno spazio virtuale dove aggirarci, gradevole e suddiviso in numerosi ambienti tridimensionali ricchi di dettagli e d’interattività: per procedere non è richiesto soltanto di leggere, bensì di applicare le cognizioni man mano rintracciate tramite esperimenti che, simulati, compongono una riprova efficace di quanto si è appreso. È un’interazione con un “territorio culturale” dove siamo chiamati a collaborare con la nostra iniziativa, imparando a forza di tentativi, per esempio, come si esamina correttamente un fossile appena ritrovato. E la materia viene proposta in un tessuto d’immagini, disegni, animazioni e voci narranti che saremmo lieti di rintracciare, così ben integrate, in un sito web contemporaneo." (cespuglio evolutivo, interviste video)
Le meraviglie di Burgess Shale, in forma di organismi digitali - "L’Océan des Origines" (1996) Microfolie's Editions
"L’Océan des Origines" (1996) |
In difesa del libro illustrato
Il Virtuale è ancora tutto da esplorare, ma manca della fisicità della carta. Il Libro è insostituibile e, forse, continuerà ad esserlo ancora a lungo, nella nostra scala temporale. Un genere particolarmente "insostituibile" di libro è, come Gould ben sapeva, l'enciclopedia illustrata. Come vi sarà facile constatare, i libri paleo-tematici (tralasciando la letteratura divulgativa per i più giovani) mancano, nella quasi totalità dei casi, di un valido apparato iconografico. Copertine "vuote", disegni non professionali, illustrazioni commerciali (magari obsolete) riciclate, brutte foto, grafica trascurata. Esistono delle eccezioni (quali, ad esempio, i volumi di Alan Turner e Mauricio Antón): "The Book of Life" (Gould, 1993) è parte di questa minoranza.
Concludo il post condividendo con voi alcuni estratti dal capitolo "Reconstructing (and decostructing) the past".
Gould, S. (2001). Reconstructing (and Deconstructing) the Past. In Gould, S. [Ed]. The Book of Life: An Illustrated History of the Evolution of Life on Earth (pp. 6-21). New York: W.W. Norton & Company, Inc.
Illustrazione di copertina: Mark Hallett |
"The chronicle of changing restorations for fossil beasts therefore becomes a fascinating epitome of our social and intellectual history as well. The interplay of these two factors - the externally empirical and the internally social - captures the central dynamic of change in the history of science. (...) We scientists tend to be minimally aware of these human influences because the mythology of our profession proclaims that changing views are driven by universal reasoning applied to an accumulating arsenal of observation. But all scientifc change is a complex and inseparable mixture of increasing knowledge and altered social circumstances. (...) Iconography, in my view, provides, the best domain for grasping this interplay of social and intellectual factors in the growth of knowledge." (pag. 7)
"Consider just three conventions, alla defendable, that distinguish painted fossil scenes from inferred actualities: 1 Number - At most natural moments in most places, nothing much is happening to rather few organisms. But illustrations of such reality would be empty and boring. (...) 2 Activity - (...) We paint animals during their few incidents of interesting behavior, and our concept of "interesting" changes with time. The Victorians loved Tennyson's description of "nature red in tooth and claw", and, by social convention, shied awaay from scenes of mating. (...) Iconographies of the last twenty years, especially if done largely for children, tend to focus on themes that are more "politically correct" - maternal behavior, herding and helping. 3 Emphasis - (...) I don't object to a primary emphasis on vertebrates, for we have a legitimately parochial interest in ourselves and our immediate ancestry. But consider two ways in which the conventional depiction of life's history as a parade of scenes from invertebrates to humans distorts the major pattern of our fossil record. (...) Yet no conventional set of tableaux for life's history includes an invertebrate marine scene from any time following the rise of terrestrial vertebrates. (...) Even the present book, though a great improvement in extended coverage of invertebrates, does not violate this tradition of tableaux parading toward Homo sapiens. Yet we name this work, comprehensively, The Book of Life. Even when people realize that invertebrates and "lower" vertebrates persisted, this biased iconographic tradition encourages a belief that such "primitive" forms stopped at their early plateau (and can therefore be subsequently ignored), as the torch of novelty passed to higher vertebrates (who must therefore be chronicled). No such thing. All major forms of life continue to diversify and adapt, continue their fascinating roles in life's endless ebb and flow of extinction and origination (...) Second, even when artists deign to give some early space to invertebrates, the amount allotted is never commensurate with true importance or time elapsed. Most of life's history gets scrunched into an introductiory picture or two." (pag. 7, 8, 9)
Dettagli
Branchiocaris "simpsonii" |
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